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Home studio: le basi per iniziare a registrare la batteria

  • Alvise Cappello
  • Dec 8, 2016
  • 7 min read

Qualche settimana fa abbiamo visto come con poche centinaia di euro sia possibile preparare una registrazione casalinga degna di essere poi presentata a producers interessati ai vostri prodotti musicali.

Iniziamo dunque a trattare in maniera un po’ più approfondita il mondo dell’ home recording strumento per strumento, sottolineando almeno le linee generali che vi permetteranno di partire da una buona base per poter poi lavorare e sperimentare con la vostra musica nel vostro studio casalingo.

Iniziamo dalla parte ritmica: la batteria.

Uno strumento che accetta pochi compromessi

Se dovessimo cercare di sottolineare la problematica maggiore riguardante la registrazione della batteria (o di un set ritmico in generale), prima ancora delle capacità dello strumentista troviamo la gestione dell’ acustica della stanza.

La batteria, infatti, spesso interessa tutti i range di frequenza sonora, dai più bassi del kick e dei timpani fino alle frequenze alte dei piatti; tutti i componenti inoltre necessitano una forte sollecitazione per poter vibrare e dunque “suonare”.

Non è dopotutto una novità che la batteria faccia rumore.

E’ dunque necessario prima di tutto essere sicuri di non creare disturbo al vicinato isolando accuratamente la stanza; ma sarà bene anche gestire al meglio il riverbero interno alla stanza di registrazione, attraverso diversi sistemi di trattamento acustico che potete trovare in un nostro precedente articolo-guida sull' allestimento di una sala prove perfetta.

Se vivete in un condominio e non avete disponibilità economiche per rispondere a questa necessità, trovate solo due possibili soluzioni: il noleggio di una stanza insonorizzata (se siete fortunati, il vostro comune potrebbe offrire il noleggio di sale prove acusticamente trattate; ma anche alcune scuole di musica potrebbero rispondere alle vostre richieste), oppure l’ utilizzo di drum machine e software di virtualizzazione spaziale del suono annessi.

Quanti e quali microfoni?

La domanda se la sono posti quasi tutti i batteristi intenti a volersi registrare in casa per migliorare la propria tecnica: vale la pena spendere i soldi per un kit?

Cerchiamo di valutare le possibili soluzioni.

Di solito i kit microfonici sono composti da:

  • 2 microfoni monodirezionali a condensatore, di tipo “a fucile”, autoalimentati da una batteria AAA, solitamente utilizzati come “overheads”.

  • Questa tipologia di capsule microfoniche è ideale per amplificare i piatti e gestire l’ ambiente generale del suono in prossimità della batteria.

  • 1 microfono dinamico specifico per la cassa.

  • Di solito questo microfono ha una capsula che enfatizza le frequenze più indicate per la grancassa.

  • 4 microfoni dinamici, per rullante, toms e timpani.

Il prezzo di questi kit varia dai 99,99€ per le marche più economiche, fino ai 600€ per i set più costosi e di marca (ad esempio questo kit Shure).

Quale insidia può nascondersi dietro ad un kit Low cost?

Principalmente la durabilità costruttiva dei microfoni.

Se infatti da un punto di vista sonoro potrete essere più che soddisfatti e non avrete alcuna paura nel pensare che difficilmente quel kit uscirà dalle vostre mura domestiche (dunque non subirà trasferte e “sballottamenti” vari), dovrete essere comunque consapevoli che ogni volta che cablerete i vari componenti, dovrete essere molto attenti a trattare con cura le plastiche ed i plugs dei microfoni.

Potranno infatti rompersi facilmente le clips, o svitarsi i plug XLR.

Un esempio l’ho vissuto sulla mia stessa pelle, con un kit della Trakstar a cui molti plugs XLR si sono scollati dai microfoni, non permettendomi più un cablaggio sicuro del microfono al cavo.

Consiglierei dunque l’ acquisto di un kit a chi non ha troppe pretese dalla registrazione di una batteria e che soprattutto non deve troppe volte avere necessità di utilizzare quel comparto microfono.

Una buona soluzione per chi invece tiene molto alla qualità sonora e che lavora molto con la batteria, la si può trovare nell’ acquisto individuale di componenti microfonici dedicati ai vari componenti.

Per la grancassa: già intorno ai 50€ potete trovare microfono ed asta , ma se volete raggiungere un buono standard qualitativo senza spendere cifre esorbitanti (intorno ai 120€), il conosciutissimo AKG D112 MKII potrà sicuramente tornarvi utile anche per altre situazioni (come vedremo le prossime settimane, per registrare il basso).

Badate di installare il microfono in posizione non parallelamente speculare all’ area del battente, o sarete soggetti a fastidiosi clip. fate dunque il buco nella pelle della grancassa in un’ area distante dal centro e lì vi posizionerete il microfono.

Per il rullante: su questo ci sono davvero poche scelte, in quanto quasi tutti gli studi di registrazione utilizzano lo Shure SM57.

Il bello di questo microfono sta nella sua durabilità, che lo ha reso quasi leggendario.

Chiunque vi parlerà di questo microfono, dedicherà più tempo nel raccontarvi le sue esperienze apocalittiche a cui è riuscito a sopravvivere, piuttosto che dedicarvi troppi elogi riguardo le prestazioni di registrazione sonora della capsula.

E’ infatti noto come l’ SM57, in realtà, non sia un microfono eccezionale; è molto neutro e tende, come tutti i microfoni dinamici, a limitare il proprio range di acquisizione intorno alle frequenze medie.

Per uno strumento e per le pelli della batteria, resta proprio per questo motivo la scelta più azzeccata, in quanto sarete sicuri di non sovrastare troppo le altre frequenze già interessate da altri componenti o strumenti.

Vista la sua durabilità, l’ SM57 è un microfono che potete acquistare anche nel mondo dell’ usato, sempre stando attenti alle fregature (stanno girando sempre più sovente delle repliche cinesi identiche agli SM57 originali, con tanto di contraffazione del logo Shure in capsula).

Se volete risparmiare quasi la metà del prezzo, ultimamente la Samson ha proposto la serie CS, un microfono con capsula intercambiabile che offre la possibilità di installare una capsula dedicata proprio alla registrazione di strumenti musicali.

Su Amazon.com, lo trovate a 30$ che in Italia, causa tasse di importazione, diventano circa 70€.

Un buon prezzo per un microfono che vi servirà anche per registrare strumenti come chitarre elettriche e voci.

In fase di registrazione, sarebbe conveniente posizionare due microfoni, uno sulla pelle “battente” e l’altro in quella “risonante”del tamburo.

Posizionate i microfoni vicino al “rim” (bordo) del tamburo, mirando la capsula verso il punto in cui il musicista batte sulla pelle.

Nel software di registrazione, dovrete inoltre invertire la fase del microfono della pelle risonante e spostare di qualche millisecondo la traccia da quella della pelle battente.

Per i Toms: in questo caso, la qualità del kit sopracitato sarebbe ideale, visto che di solito non è richiesta una particolare qualità di registrazione per componenti di “fill” come i toms.

Per questo motivo, una soluzione singola potete trovarla in microfoni da 30€ già dotati di clip, oppure potete acquistare dei clip di supporto su cui applicare

microfoni dinamici che già possedete in studio (o che potete farvi prestare da amici o dal vostro cantante).

Overheads: I più blasonati microfoni a condensatore sono sicuramente i C-2 della Behringer, ma se volete spendere qualcosa in più e guadagnarci un qualità costruttiva, il Samson SAC02 è sicuramente il prodotto ideale per una buona resa con una minima spesa.

Importante è invece sapere come posizionare la coppia dei microfoni.

Ci sono infatti tre tipologie di posizionamento:

  • Ravvicinato: i due microfoni a condensatore sono posti ad un’altezza massima di 50 cm dai piatti, agli estremi del kit. Tale configurazione conferisce una sonorità molto presente e diretta, tralasciando l’aspetto d’ambiente.

  • Distanziato: i due microfoni sono posti ad un’altezza tra i 50 e i 150 cm dai piatti, agli estremi del kit. Tale configurazione conferisce una sonorità molto spaziale ed aperta, riducendo l’intensità dei rientri.

  • Selettivo: viene installato ogni microfono a metà tra un piatto e l’altro, leggermente direzionato verso la parte inferiore del piatto stesso in modo da ridurre l’incedere dei colpi della bacchetta. Questa tecnica offre la migliore resa, ma è molto dispendiosa in termini di tempo e di denaro e richiede una sapiente scelta sia dei piatti che dei microfoni.

Per quanto riguarda le tecniche ravvicinato e distanziato, bisogna inoltre badare ala posizione dei microfoni, che può essere parallela o angolata (detta anche X/Y).

La posizione parallela prevede che i microfoni siano posizionati uno di fianco all’ altro, ad una distanza di circa 30/40cm e cadono parallelamente verso la fonte sonora.

La tecnica X/Y, invece, prevede che i due microfoni siano posti frontalmente al set, ad una distanza compresa tra i 50 e i 100 cm, tale da ottenere un angolo che, formato dall’incrocio dei due microfoni stessi uno sopra l’altro, comprenda idealmente tutto il drumkit.

Tale tecnica conferisce una timbrica presente e controllata, riducendo drasticamente i rientri (molto apprezzata nel rock).

We are human… after all

Come detto in precedenza, la scelta di un drumkit elettronico e non acustico può dipendere da necessità acustiche, ma anche di genere (pensiamo alla musica elettronica o all’ industrial).

Oggi troviamo davvero soluzioni ideali per ogni genere, dal Metal alla Techno; è bene però essere consapevoli di non cadere in errori tipici dei VST di drumkit elettronici.

Primo fra tutti: la composizione dei beat deve essere umanizzata.

Non si può pretendere infatti che un batterista possa suonare due piatti e lo snare contemporaneamente. Ricordatevi che la batteria elettronica dve comunque emulare un batterista con solo due braccia e due gambe.

In secondo luogo, è importante gestire al meglio la quantizzazione (posizione delle note nella griglia midi del tempo) e la velocità (la forza sonora applicata allo strumento virtuale) della fonte midi.

Un essere umano, infatti, non sarà mai in grado di suonare precisamente ogni battuta sia ritmicamente che nella potenza di battito.

Il quantize e la velocity possono essere controllati dal DAW stesso, se lo permette, ma anche dal software dello strumento.

Personalmente, mi sono sempre trovato bene con Addictive Drums nella sua ultima versione 2.0, che permette un completo set di tamburi per ogni genere, beat ben strutturati e un’ ottima gestione di quantizzazione e velocità.

Consiglio anche EZ Drummer per chi non ha troppe richieste e vuole una base senza troppi fronzoli da audiofili, Superior Drummer per un controllo più specifico dei singoli componenti del kit ed infine BFD3, un vero e proprio guru delle drum machine virtuali, in quanto permette di gestire qualsiasi aspetto del kit, a partire dalla sua spazializzazione nell’ ambiente.

Vi lascio con questo video che ripete molti concetti e tecniche di registrazione che possono tornarvi utili per registrare la batteria nel vostro home studio:

Tengo a precisare che questo articolo contiene prodotti per solo scopo informativo e non pubblicitario. I prezzi indicati possono variare nel tempo.

Fonte: Homerecording.it

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